Da Genova

Genova!
Quando mi hanno detto che sarei andato a Genova come delegato diocesano al Congresso Eucaristico Nazionale mi sono sentito investito di una grande responsabilità: essere rappresentante di una diocesi ad un congresso dove al centro c’è Gesù Eucarestia non è roba da poco.
Temevo in cuor mio di dover partecipare a chissà quanti incontri barbosi e perder tempo nelle solite chiacchiere da sacrestia. Tutto sbagliato!
Al centro c’era davvero Gesù! Al punto che tranne una sola catechesi, tutto era centrato sulla preghiera.
Mi permetto di riportare qualche annotazione riguardo a questa catechesi perché, a qualche giorno di distanza, ancora mi batte il cuore a ripensarla.
Mons. Mario Meini, vescovo di Fiesole, ha riflettuto sul tema “Eucarestia e vie dell’annuncio”. Ma ancor prima di parlare, il vescovo ci ha invitati a pregare in silenzio davanti al Crocifisso. Sorprendente. Non so voi, ma non sono più abituato a pastori che si prendono il lusso di invitare alla preghiera ancor prima che all’ascolto. E poi una preghiera silenziosa! Niente canoni di Taizé, niente sottofondi musicali, niente brani della Sacra Scrittura.
Io e il Crocifisso.
Il silenzio con cui l’assemblea si è tuffata è il segnale più eloquente che il messaggio era chiaro: siamo venuti per adorare, non per parlare; siamo venuti per incontrarlo, non per incontrarci.
Detto questo, viene da sé che l’apparente contraddizione tra l’assemblea convocata per celebrare l’Eucarestia e la necessità di “uscire” per annunciare il Vangelo è sanata.
Nell’Eucarestia noi facciamo innanzitutto memoriale della Pasqua: Gesù, però, porta già i segni della Passione e della Crocifissione. Ma già nel fare memoriale, l’annuncio si rivela. Non sono i nostri sforzi che fanno l’annuncio, ma è la Pasqua stessa di Gesù Cristo che è annuncio! È il Risorto l’annunciatore.
Dunque l’annuncio nasce da un incontro con il Risorto, un incontro che non può che rinnovare la mia esistenza. L’evento che mi trasforma è già annuncio.
Ma traspare questo rinnovamento?
La domanda non è retorica. Se l’incontro non ci rinnova, allora viene da sé che l’annuncio che facciamo con la nostra vita di cristiani è indebolito, se non addirittura falsato dalla nostra ipocrisia.
Un termometro di questo è il nostro stesso fare comunione, il nostro sentirci “uno” con il Signore Gesù, uno con gli altri cristiani, uno con il prossimo, chiunque esso sia.
Il card. Bagnasco, al termine dell’omelia nella s. Messa conclusiva, ha proprio chiesto di tornare “infuocati” a casa, per testimoniare l’entusiasmo rinnovato dal nostro incontro con il Signore Gesù!

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